A.N.P.I. – Arcevia
25 aprile 2011
SCRIVIAMO LA LIBERAZIONE
Sesta edizione
Testo cooperativo davanti al Memoriale dell’Eccidio di Monte Sant’Angelo
Magnifica visione
Circa 70 cittadini presenti, nonostante l’orario mattutino e la concomitanza delle feste!
A te completare i miei sogni di libertà
In un foglio conservato dall’Anpi di Chieri (TO) e scritto a mano da un nonno partigiano si può leggere: Ti lascio il mio sorriso amareggiato/ ti lascio la mia lotta incompiuta/ non dire mai che sono stato indegno/ ti lascio la mia storia vergata con la mano di una qualche speranza/ ti lascio ragazzi che non fecero tempo di assumere austera forma d’uomo e madri vestite di bruno / fai presto a farti grande/ nutri bene il tuo gracile cuore/ ti lascio l’indirizzo della tomba perché tu vada a leggere l’epigrafe/ gira l’occhio dolce al nostro crepuscolo amaro/ io conquistai il coraggio di essere fiero/ salta il fosso da solo e fatti libero/ così è stato il mio tempo/ è questo che ti lascio/ attendo nuove/ a te completare i miei sogni di libertà.
Restiamo umani
Contro la violenza verso il diverso, contro l’ignavia dinanzi all’ingiustizia. Accettiamo il rischio di trovare le parole giuste per comunicare anche con i più piccoli. Facciamo argine al continuo superamento del limite dell’indicibile, alla indifferenza della profanazione. L’insegnamento nella scuola di tutti sia interrogazione continua, generatività di teste pensanti, costruzione di pensiero critico, attribuzione di significato alle parole.
Una blusetta rosa sul feroce palco dell’orrore
Nella primavera del 1944 questo monte e tutto il territorio urbano e agricolo che lo circonda poteva definirsi una piccola repubblica, fiera e fragile. Non poteva sopportare un massiccio rastrellamento, non poteva reggere un fuoco senza scampo. In un libro di un testimone protagonista è riportata una palpitante e terribile cronaca dell’eccidio, la quale annienta i confini tra la letteratura e la storia. Chi lo scrive riesce a sganciarsi all’ultimo istante, ma poi ritorna quasi subito su quello che chiama “feroce palco dell’orrore”. Dal solito avamposto non si scorge più il tetto della casa e questo già preannuncia la distruzione. Avvicinandosi, l’odore dei corpi bruciati entra violentemente nelle narici. Lo sguardo conduce un muto appello attraverso gli indizi dei brandelli dei vestiti. Risalta una blusetta rosa di bambina, da accarezzare a lungo con furiosa amorevolezza. Ci soccorre questo testo di canzone:
Fuochi sulla montagna e sotto il mare/ Un canto s’innalza, è ora di andare/ Lasciarsi alle spalle tutto il male/ con un inno nuovo da imbracciare/ C’è tutta una strada da segnare/ e mentre cammini continua a cantare/ Noi sbandati noi disertori/ che sosteniamo la terra/ Miscredenti di immensa fede/ noi che spalanchiamo il cielo/ Da una vetta all’altra per il crinale/ prenditi il tuo tempo per respirare/ lubrifica i sensi per mirare/ e sottovoce ricorda di cantare/ Apri il cuore all’improvviso/ faccia a faccia col destino/ la tua libertà lo sorprenderà/ Cambia identità/ Fuochi sulla montagna e un altro mare/Ancora un canto s’innalza, è ora di andare/ Guardarsi davanti ed iniziare/ Guardare in avanti e raccontare/ C’è un’altra strada da tracciare/ E quando vedi il fuoco riprendi a cantare!
Resistere è creare. Creare è resistere
Non si finisce mai di scrivere. La storia non è mai conclusa. L’attribuzione dei significati si accresce e si amplifica. Permane il bisogno della narrazione. I cittadini protagonisti sono bravi narratori e sanno prendere la parola come gli sta più a cuore , seguendo emozione e conoscenza. Così la ricorrenza si fortifica, si illumina, resiste meglio agli attacchi. Aspettarsi il bene non basta, occorre studiare, ricercare, inventare. Il nostro stare qui in questo modo è un atto creativo contro il consumo della memoria, è un atto di chiarezza pubblica che ci munisce contro l’erosione interiore, che sempre può proliferare, nascosta o esplicita.
Con gli occhi della Storia
Gli occhi della Storia oggi osservano tempi culturalmente gracili, di smarrimento, di naufragio. Il bene comune e l’idea di cittadinanza subiscono attacchi prepotenti, la gerarchia dei valori solidali e condivisi è sconvolta oppure offuscata dalla indifferenza e dalla smemoratezza.
Gli occhi pazienti della Storia ci ricordano che l’esperienza dell’antifascismo e della Resistenza hanno fondato compiutamente la democrazia nello Stato Italiano, con il mirabile baluardo dell’ approvazione della Costituzione Repubblicana.
Gli occhi diligenti della Storia non fanno dimenticare che l’antifascismo si contrapponeva al fascismo, che aveva instaurato una dittatura, spento la dignità delle persone e delle istituzioni, codificato la vergogna suprema delle leggi razziali, condotto milioni di giovani soldati al macello sui vari fronti di guerra.
Gli occhi trepidanti della Storia ci confermano che la Resistenza dei partigiani e di tantissimi civili (dalle parti nostre di tantissimi contadini) avveniva in un contesto di occupazione militare del territorio italiano da parte di un esercito straniero e che ogni giorno tale occupazione si macchiava delle peggiori efferatezze contro la popolazione civile, fino ai giorni della Liberazione (Arcevia venne liberata il 5 agosto1944, l’intero territorio comunale il 12 agosto1944).
Gli occhi vigili della Storia ci indicano che tale occupazione dell’esercito nazista avveniva grazie alla collaborazione attiva e all’appoggio, partecipato e subdolo, dei fascisti repubblichini (molte testimonianze, orali e scritte, concordano che tra gli assalitori del Monte Sant’Angelo c’era chi parlava correttamente la lingua italiana e che dopo la strage si brindò all’accaduto).
Gli occhi aperti della Storia ci rammentano che tra le vittime dell’Eccidio di Monte Sant’Angelo ( più di cinquanta) c’erano dei partigiani jugoslavi, che non erano mercenari assoldati, ma prigionieri a seguito della brutale guerra di occupazione che l’esercito fascista aveva condotto poco prima: essi erano fuggiti dai campi di concentramento italiani subito dopo l’8 settembre 1943 (sulla ferocia di tale guerra di aggressione,basta leggere il libro di Gianni Oliva “Si ammazza troppo poco”, dalle parole del generale Mario Robotti, comandante dell’XI Corpo d’Armata Italiano in Slovenia e Croazia).
Gli occhi attenti della Storia non si fanno confondere dall’uso politico della memoria, dalla
strumentalizzazione e dalla decontestualizzazione degli eventi, dai revisionismi interessati, dalle falsificazioni grossolane, dagli inquinamenti volontari.
Gli occhi luminosi della Storia ammirano lo studio, la ricerca condotta con le regole storiografiche, gli approfondimenti seri ed onesti, le acquisizioni corrette per la ricostruzione completa degli eventi del passato.
Gli occhi amorevoli della Storia apprezzano chi, nei campi dell’informazione, della divulgazione e della narrazione storica, usa e sa usare la misura della responsabilità e della consapevolezza deontologica, come forma di rispetto dei protagonisti e dei lettori, come omaggio alle memorie, quasi sempre dolenti e drammatiche.
Gli occhi della Storia sanno velarsi di pietà dinanzi a tutte le vittime di tutte le guerre e illuminano di coraggio e di speranza coloro che costruiscono la pace.
Ci sta proprio bene un parco storico
Questo monte si addice alla storia, la storia si addice a questo monte. Questa consapevolezza ci può aiutare ad orientarne il destino, in termini di rispetto, conservazione e tutela e in termini di valorizzazione come risorsa per la comunità. Un progetto, ampio e condiviso, di parco storico non intacca l’integrità fisica e paesaggistica del territorio, consente a questo monumento-memoriale di restare sovrano nel suo contesto e si mostra vantaggioso per una economia sostenibile.
Elaborazione a cura di Angelo Verdini
I contributi sono di: Angelo Verdini, Enea Bartolini, Silvana Bevilacqua, Lilith Verdini, Giuseppina Biancini, Bruna Betti, Paolo Agostinelli, Sante Aguzzi, Mattia Tisba, Gianfranco Marcellini, Marcello Mariani, Michele Pulcinelli.
Citati i testi di: Stéphane Hessel (Indignatevi!); Wilfredo Caimmi (Marciavamo con l’anima in spalla); Primo Levi (Il sistema periodico); Marco Rovelli (testo di canzone scritta davanti a un sacrario partigiano); Patrizia Pacini (La costituente: storia di Teresa Mattei); Hanna Arendt (La banalità del male); Pietro Malvezzi e Giovanni Pirelli (lettere di condannati a morte della Resistenza italiana); Vittorio Arrigoni (Gaza. Restiamo umani); Gang (Il seme e la speranza); Enea Agostino (poesia); Mario Martone (Noi credevamo); Gaetano Salvemini; La Costituzione Italiana.
Per contatti: Anpi-sezione di Arcevia, Corso Mazzini, 60011 Arcevia (Ancona)
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